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Caroline Elkins, "Un’eredità di violenza. Una storia dell’Impero britannico", Einaudi
Dal Kenya a India e Irlanda, l'autrice ha scovato documenti che provano una consapevole violenza perpetrata come "dovere morale" verso i "selvaggi". Eppure c'è chi rimpiange quel regime.
[...] Di lì a poco il suo saggio divenne il principale elemento probatorio sul quale ruotava la richiesta di risarcimento milionaria presentata al governo britannico da un gruppo di reduci. Durante il lungo processo - che avrebbe infine costretto Londra ad accettare un patteggiamento da milioni di sterline - venne rivelata l’esistenza di un gigantesco archivio segreto a Hanslope Park, in un magazzino-fortezza immerso nel cuore della campagna inglese. Al suo interno furono rinvenuti migliaia di dossier secretati che costituivano le prove dei crimini commessi dallo stato britannico in alcune delle ex colonie dell’impero. "Quel materiale d’archivio – spiega Elkins – dimostrava in modo inequivocabile che i ministri e gli alti funzionari pubblici di Londra erano pienamente consapevoli degli omicidi e degli abusi che venivano perpetrati con sistematicità sui prigionieri internati nei campi di detenzione britannici". Proprio quei documenti inediti avrebbero consentito alla studiosa di ampliare il campo della sua indagine fino a confluire nel suo ultimo lavoro «Un’eredità di violenza. Una storia dell’Impero britannico» (traduzione di Luigi Giacone; Einaudi, pagine 990, euro 48,00), un monumentale “libro nero” che abbatte, un pezzo dopo l’altro, la narrazione auto-celebrativa del British Empire, rivelando il cuore di tenebra di un potere che ancora oggi non vuole essere messo in discussione.
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"Anche in epoca contemporanea – prosegue Elkins – sono stati commessi crimini eclatanti come l’imprigionamento dei bambini boeri nei campi di concentramento nel 1900, i massacri in India come quello di Amritsar del 1919 e stragi nelle città irlandesi in quegli stessi anni. Purtroppo non si trattò di episodi isolati, bensì di un sistema istituzionalizzato e diffuso mirante a intimidire intere popolazioni, avallato dalle massime autorità dello Stato, che il potere politico cercò in tutti i modi di occultare all’opinione pubblica".
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Nel libro ricorrono poi alcune figure storiche, alcune molto note altre meno, citate attraverso aneddoti e immagini assai edificanti. Una è quella di un giovane Winston Churchill, che decanta le lodi delle armi chimiche e dei famigerati proiettili “dum-dum” a frammentazione, vietati dalle convenzioni internazionali ma comunemente utilizzati nel corso delle guerre coloniali. Un altro è Douglas Duff, ufficiale a capo della milizia dei Black&Tans, inviata in Irlanda agli albori del XX secolo per schiacciare con ogni mezzo lecito e illecito il movimento indipendentista indigeno. In seguito - quando venne inviato in Palestina – usò contro i nazionalisti arabi le stesse tattiche violente che aveva sperimentato contro gli irlandesi. Un altro ancora è Arthur Harris, controverso pilota della Royal Air Force che per contrastare le insurrezioni antibritanniche non esitò a promuovere campagne di bombardamenti a tappeto contro i civili in Iraq, in Afghanistan, in India e in Palestina.